
Le case degli artisti è il titolo della quinta puntata di Jet set, rubrica all’interno del programma Bricks and the city in cui io e Andrea Spera spettegoliamo un po’.
Dopo le numerose visualizzazioni del mio articolo sulle case più chiacchierate d’Italia ho pensato che potesse essere divertente farne un ulteriore approfondimento in tv.
In questa puntata le case di Maurizio Cattelan, Philippe Daverio e Riccardo Muti.
Guarda la puntata.
Maurizio Cattelan
Maurizio Cattelan, l’artista italiano più celebre a livello internazionale, è stato chiacchierato recentemente a causa della sua banana.
La sua è una casa che non c’è o meglio l’appartamento esiste in un condominio milanese di per sé interessante, celebre e malfamato.
Il padrone di casa, a furia di riempirla di ragionamenti non trova posto per nient’altro, la casa è pressoché vuota. Eppure risulta ingombrante, perché lo sbigottimento di fronte al nulla è forte.
È lo specchio del suo modo di vivere, il negativo del suo affollato pensare. La luce arreda la camera da letto, l’armadio è peculiare, ci si siede su tavoli in miniatura.
L’appartamento, minuscolo fa sembrare lui ancora più alto, mentre il bianco totale richiama atmosfere da hopital psichiatrique, ma si percepisce un modo molto contemporaneo di vivere.
Maurizio Cattelan riceve collezionisti e galleristi, e fa riunioni alle Tre Marie, la pasticceria sotto casa.
La dislocazione domestica di cui parliamo non è solo spaziale, come per il bagno (va in piscina) o per la sala riunioni (in pasticceria), ma riguarda anche gli oggetti. Non è vero che Maurizio non possiede nulla, anzi, è pieno di libri. Solo che i volumi, e la sua libreria, sono a casa di un’amica.
La cosa di cui invece si libera in senso tecnico, con preciso meccanismo ciclico, sono i vestiti. A ogni stagione riparte da zero, compra il necessario per quella in corso, lo usa fino a non poterne più, poi butta, o regala. Questo sistema tramuta la cabina armadio in una valigia, con un discreto guadagno di spazio.
Non sopporta quasi nulla intorno a sé e non c’è quasi nulla che preferisca a casa sua, dove passa tanto, tanto tempo: «È vuota ma usatissima”.
(Fonte La Repubblica)
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Philippe Daverio
Passiamo alla casa di un celebre critico d’arte Philippe Daverio.
E’ un vero tempio dell’arte nel cuore di Milano.
Nascosta ed appartata dal chiasso e dalla frenesia cosmopolita è un indiscusso luogo nel quale regnano il gusto e l’amore per le Arti.
Finemente restaurata, vanta ampie stanze di respiro con soffitti dove gli affreschi danzano sospesi e si amalgamano con i decori di porte e finestre.
Il pavimento totalmente affrescato con colori lussuosi è stato reso pertinente a tutto il contesto con tocchi sapienti di passato, donandogli così un sapore retrò ed intellettuale.
Inoltre con 42 foto, tutte scattate da Philippe ai diversi allestimenti della colazione che Elena, sua moglie, ha realizzato negli anni, hanno allestito una mostra ‘Colazione’ esposta alla galleria milanese Antonia Jannone.
Gli oggetti sono cose di famiglia, regali di amici, le tazze della suocera, il portacenere portato dal figlio, i pelouche, i libri, oltre al cane e al coniglio veri.
Tutte le foto erano in vedita a favore di un Istituto dei tumori, reparto Chirurgia toracica.
(Fonti Repubblica, Luxuryinart)
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Riccardo Muti
Un altro grande artista che ci contendono in tutto il mondo è il maestro Riccardo Muti.
Vive a Ravenna: «La mia prima e unica casa, ci abitiamo dal 1976».
Il grande direttore d’orchestra racconta che sua moglie Cristina ha la mano d’oro per le case, sa come arredarle, secondo un gusto personale, recuperando gli oggetti di una vita. Colpisce il lungo corridoio esotico che porta alla sala da pranzo: contenitori che racchiudono le sabbie dei diversi deserti visitati, conchiglie, ricordi delle Mauritius e delle Seychelles.
Salendo di un piano appare intatto il suo teatro di burattini con centinaia di maschere che Giordano, amico di famiglia, animava, diavoli e fate, personaggi sinistri e della commedia dell’Arte, Fagiolino e Sandrone, Rasputin e Gesù Cristo. Siamo nello studio del maestro.
C’è la foto con le firme dei musicisti della Chicago Symphony Orchestra che scrivono «Un sogno diventato realtà», a proposito della sua nomina come loro guida.
Ma è la musica ad occupare gli scaffali più importanti: partiture rare, prime edizioni delle Sinfonie di Beethoven, il pianoforte acquistato a rate nel 1969, «quando fui nominato direttore del Maggio fiorentino, non è uno Steinway, è un discreto quarto di coda, ma mi ha accompagnato tutta la vita e non l’ho mai cambiato. Su questo pianoforte ho lavorato, e lui con me».
«Ognuno di questi oggetti è un momento della mia vita».
(Fonte Il Corriere)
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A presto con le case dei vip.
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